Storie del Balon

Al Gran Balon c’è il sole.
Il vecchio prova a ripararsi con la mano, sta chiedendo al commerciante lo stato dei gommini della penna stilografica adocchiata tra le tante, indicata con infantile convinzione. Poi fa un passo e si piazza nel cono d’ombra, estrae il monocolo e avvicina la minuta stilografica. E’ un esperto, i suoi sono gesti quasi sacrali, l’esame minuzioso dell’oggetto antico, arcaico, che dita attuali potrebbero, con l’acquisto, rigenerare.
Lungo il borgo le radioline sulle partite della domenica sono a tutto volume come si usava negli anni in cui le attuali anticaglie vivevano la loro prima gloria. Dialoghi su quanto al sole si stia bene, quanto viceversa il freddo punga qui dove il sole non batte, qui dove il rigattiere sta fermo e vede sfilare quelli che sfidano il tempo e cercano qualcosa che hanno perduto.
Orgoglio e pregiudizio, di Jane Austen, è tradotto Orgoglio e prevenzione; due comodini, ripitturati di celeste e di verde, costano 220 euro; 50 centesimi per la cartolina che zia Giovanna ha inviato da Terni, timbro 2 gennaio 1966, ai nipoti di Rivoli portando loro ossequiosi saluti in grafia elegante.
Nessun riparo dal sole, invece, sul largo tra via Mameli e via Borgo Dora, là dove trovano spazio, baciati dai raggi, i vestiti da sposa. Alcuni sono ingialliti, la maggior parte è rimasta bianca. Due donne, madre e figlia, li passano in rassegna, toccano, apprezzano e disdegnano, commentano. All’ennesimo gli occhi della giovane si illuminano: lo prova: si innamora.
Al Gran Balon, il mercato della seconda possibilità, dove il tempo è circolare e lo spazio è segnato dai mobili confini della linea d’ombra, quando la ragazza paga l’abito bianco il sole incomincia a scendere.

(Cose che ho visto oggi STORY, pubblicato su La Stampa, cronaca di Torino, sabato 16 marzo 2013) Marco Giacosa