Staccò il promemoria dal frigo

Staccò il promemoria dal frigo, lo lesse e con una leggera smorfia, forse involontaria, dettata dalla stanchezza e dal mal di testa delle quattro e mezza del mattino, lo gettò nel bidoncino dei rifiuti vicino al frigo.
Si accese una sigaretta e mise su il caffè.
Aspettò, una volta pronto lo versò nella tazza e lo bevve in un sorso, senza zucchero. Amava i sapori forti.
Uscì di casa, salì sul camion e si diresse al mercato. Al Gran Balon.
Era un uomo di poche parole, semplice, con una gentilezza tutta particolare, tutta sua.
Scaricò la merce con straordinaria velocità, considerando i suoi 70 anni.
Sistemò il banco in modo da renderlo sufficientemente presentabile, mise 4 grandi mobili dietro, da fare da sfondo, dei quadri appoggiati un po’ ovunque lungo i 5 metri del suo posto e qualche sedia (più utile per sedersi che da ricavarci dei soldi)
A lui non interessava fare un banco accattivante, con la roba messa tutta bene in mostra, a suo dire chi ne capiva si sarebbe fermato e avrebbe comprato… alcune volte la ragione era dalla sua, e altre volte proprio no.
Verso le undici e mezza decise di fare un giro per il mercato… chiese al vicino di banco di buttare un occhio alla sua merce.
Acconsentì.
Non amava parlare. Per lui la parola era solo un mezzo per comunicare cose importanti e nei momenti opportuni. Per il resto del tempo amava circondarsi di un dolce silenzio cullatore.
Alcuni dicono che non è sempre stato così.
Non era curioso di natura… ma ogni seconda domenica del mese, al Gran Balon, lo diventava; per molti motivi: dalla semplice voglia di visitare quel mondo sempre nuovo, all’ idea più materiale di concludere affari e portare a casa la pagnotta.
Non era un appassionato di vintage… anzi, ma ogni volta che entrava al Maglio rimaneva sorpreso dalla quantità, dalla qualità e dalla fantasia degli espositori e più volte gli era passato per la testa di comprare un bel cappello alla signora della bocciofila con cui da tempo si divertiva a parlare e a trascorre le giornate, ma proprio all’ultimo svoltava di scatto e schivava quel maledetto cappello.
Non sapeva come fare. Aver vissuto una vita dedita al lavoro l’aveva reso duro come il legno che lavorava.
Scese dalla discesa del maglio verso via Borgo Dora, vicino a caserma Cavalli, guardò incuriosito gli operatori dell’ingegno che tutti indaffarati lavoravano i materiali più strani dando loro una nuova forma e in particolare una nuova vita.
Risalì la via, passò a salutare dei vecchi conoscenti in via mameli e dopo tornò alla sua amata sedia e al suo amato giornale di sport dietro il suo banco.
Aveva deciso che quella domenica sarebbe stata l’ultima. Era stanco ma combattuto, amava quel mercato, amava quella gente…
Fece ancora qualche domenica e poi sparì dalla circolazione…
Di lui si seppe solo che si sposò con Luisa della bocciofila.
Alcuni conoscenti dicono che l’abbia definitivamente conquistata grazie a quel maledetto cappello.